Gli eroi della modernità: Gesù di Nazareth, Anakin Skywalker e Satoshi Nakamoto59 minuti
Tutti e tre combattono contro il male e si sacrificano per noi, ciascuno rappresentando aspetti diversi, ma fondamentali, dell’essere umano contemporaneo.
DISCLAIMER: questo articolo è puro cazzeggio e non ha alcuna pretesa di scientificità. Le tesi espresse sono puramente suggestive. Inoltre, vi rovino con spoiler pazzeschi come finisce il Vangelo, l’universo espanso di Star Wars e l’identità di Satoshi Nakamoto.
INDICE: la sezione “indice” di questo articolo è variabile, in base a che personalità sei:
Personalità Giuseppe, figlio di Giacobbe e interprete dei sogni
Leggi l’articolo come un racconto dall’inizio alla fine, scoprendo via via come il puzzle si compone da Cristo a Darth Vader ai Bitcoin. Non hai bisogno di un indice e di anticipazioni che ti diano una visione logica d’insieme, al contrario di quell’altro brutto maniaco calcolatore qui sotto. Quando avrai finito la lettura, lascia un commento dicendo che personalità sei.
Personalità Palpatine, Sith Lord padrone della Galassia
Trovi l’indice in fondo all’articolo. Non ti chiedo di dire che personalità sei in un commento, tanto non lo faresti.
Personalità Michael Saylor, Hodler di BTC ma proprio di tanti BTC
Fottesega l’indice. Scorri e leggi dove ti cade l’occhio. Tanto hai fatto all-in, ti puoi solo affidare alla sorte e al tuo fiuto. Troverai gemme preziose qua e là.
Gesù, l’eroe sconfitto
Gesù di Nazareth è senz’altro uno degli eroi con la storia più assurda di sempre, di una potenza folgorante. L’eroe che non vince, ma muore, torturato e ucciso. Risorge, ma non c’è alcun reale come back per cui con ali di fuoco torna a riempire di botte i nemici e donare latte, miele e donne, a tutta la ciurma di fedeli. Anzi, sul più bello, giusto prima di spirare, esclama “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Eloì, Eloì, lemà sabactàni?). Insomma l’eroe non solo è abbandonato, ma si dichiara tale. È sconfitto. E anche a quel punto, quando è ormai morente in croce, non arriva il deus ex machina ad abbrustolire i centurioni di sotto. Si ode un potente tuono, tutto lì. Gesù muore, punto. Farà capolino tre giorni più tardi per un saluto agli amici prima di tornare in cielo. Ma che vuoi che sia, una breve chiacchiera privata. Non si è certo manifestato fra lampi e tuoni conquistando Roma. Per farla breve, le busca e basta.
È sorprendente come la storia di Gesù abbia attecchito oltre duemila anni fa, quando fra gli eroi contavi Gilgamesh o Achille, fra le divinità Marte o Sekhmet. Immaginate oggi quanto sarebbe strambo un film degli Avengers che si chiude con l’eroe che se ne crepa così, dopo la via crucis, e urlando al padre “perché mi hai abbandonato?”. Eppure il cristianesimo ha conquistato il mondo e ha avuto un enorme impatto culturale e politico.
Il messaggio di Gesù è stato indubbiamente innovativo e risulta originale ancora oggi: essere buoni con l’unico fine (quantomeno terreno) di essere buoni. L’amore è in effetti un tratto distintivo cristiano rispetto alle dottrine precedenti, anche rispetto alle virtù di caritas e pietas romane, molto più pragmatiche, che vivevano di un ambito più collettivo che personale, di collante sociale. Invece, l’amore cristiano è molto più introspettivo, fonte di gioia individuale, slegata dai tradizionali indicatori diretti di benessere individuale o sociale come ricchezza e potere, che sono correlati al soddisfacimento di bisogni primari per l’uomo a livello biologico e antropologico: cibo, salute, sicurezza, status sociale (quest’ultimo rilevante ai fini di corteggiamento e accoppiamento).
Il successo di Gesù fra istinti e ragione
È interessante capire come gli insegnamenti di Gesù, apparentemente così lontani dalle aspirazioni umane in un’ottica evolutiva, come ad esempio l’accumulazione di ricchezza (che è anzitutto sopravvivenza, poi potere, infine progresso), abbiano comunque conquistato i cuori di milioni di persone, fra tutte le classi sociali.
Potrebbe essere che specie animali come la nostra abbiano istinti naturali che sposano bene il messaggio di Gesù. La nostra specie, come del resto in generale i mammiferi, molti uccelli e anche alcuni rettili, hanno l’istinto materno, paterno o fraterno di prendersi cura dei piccoli e della famiglia. Forse l’amore e la solidarietà cristiani per il prossimo possono essere visti come un allargamento di tale istinto fraterno ad una comunità. Potrebbe essere che forme di bontà o altruismo si siano radicate in noi per ragioni evolutive, migliorando le prospettive di sopravvivenza della specie mediante una spinta all’aiuto reciproco. Non è un caso che, al contrario di specie che hanno imposto la loro supremazia con la forza, quella dominante sulla Terra, cioè l’essere umano, ha la specificità di eccellere nella cooperazione, che permette scambi e la divisione del lavoro e quindi il progresso.
Nelle nostre interazioni l’amore altruistico è un elemento emotivo (e istintivo) che quando viene esercitato ci dà sensazioni paragonabili alla percezione di benessere che abbiamo quando soddisfiamo i nostri bisogni primari o comunque direttamente collegabili a esigenze di sopravvivenza. La gioia del dono reciproco può cioè assomigliare alla soddisfazione che otteniamo quando ci nutriamo, riposiamo, ci accoppiamo, vinciamo in battaglia o nel gioco (che è un po’ come la battaglia, visto che l’utilità evoluzionistica del gioco è in fondo quella di prepararci alla lotta). Sostanzialmente, introducendo elementi emotivi e risposte neurobiologiche positive all’amore o, all’opposto, quella negativa del senso di colpa, siamo spinti alla scelta di reciprocità.
Ma si tratta solo di istinti, o questa predisposizione è in qualche modo “appresa”? A corroborare la tesi degli istinti, è il fatto che si osservano comportamenti altruistici anche negli animali, specialmente nei primati, al punto che vi sono teorie per cui saremmo programmati a livello genetico per essere “buoni” (1). Avrebbe quindi gioco facile una dottrina d’amore e altruismo come il cristianesimo nel conquistare i cuori delle persone, vista una naturale e istintiva predisposizione nell’essere umano verso l’amore altruistico.
Elevati livelli di complessità nelle relazioni sociali degli animali possono farci pensare che bontà e altruismo si siano sviluppati anche per una decisione consapevole di assumere comportamenti ritenuti vantaggiosi. Si potrebbe trattare di una decisione del singolo o, per alcune specie, anche di un meccanismo decisionale che nel tempo viene tramandato, entrando così a far parte della cultura del gruppo. Tornando agli umani, il messaggio di Gesù può aver conquistato le società dell’epoca non soltanto perché facesse leva su istinti ed emozioni, ma (anche) perché avrebbe incontrato un naturale processo della ragione umana che riconosce una certa validità nel messaggio di reciprocità, forse ritenendolo utile a raggiungere un maggiore benessere sia individuale che di gruppo (2).
La moralità come scorciatoia euristica di tipo biologico
Vi sono teorie per cui i principi morali sono il risultato di un calcolo razionale e strategico. Rimando a questo brevissimo esempio del dilemma del prigioniero in separata sede per non appesantire questo articolo. Per farla breve, secondo la teoria, vi sono casi per cui, nonostante nell’immediato convenga fare il proprio interesse individuale a spese del prossimo, quando vi sono interazioni sociali reiterate con le stesse persone, la collaborazione nel lungo periodo potrebbe essere molto più proficua. In mancanza di informazioni perfette, non potendo sapere quando l’altra persona non sarà più utile ai propri scopi, continuare ad aiutarsi reciprocamente potrebbe essere conveniente a tempo indeterminato. Insomma, secondo tali teorie, “l’altruismo” sarebbe l’esito di un mero calcolo utilitaristico.
In realtà, io ritengo che risposte emotive e istintuali possano essere rilevanti anche nella scelta della soluzione che è ritenuta razionalmente ottimale. E parliamo di “risposte emotive” non solo innate, ma anche apprese. La capacità di prendere le decisioni razionalmente ottimali tramite l’istinto può funzionare allo stesso modo in cui un atleta si affida alla propria memoria muscolare, sviluppando nuove risposte istintive ad eventi precisi. La cooperazione è benefica nel caso del modello del prigioniero reiterato, ma è impossibile per l’individuo sapere fino a quando sarà effettivamente conveniente mantenere la reciprocità, perché le informazioni che abbiamo sono limitate, il futuro è incerto e non siamo in grado di anticipare pensieri e mosse degli altri. In assenza di una moralità, aleggerà sempre nei nostri pensieri il dubbio: “quando verrò tradito? converrà che lo faccia prima io”. Senza un sentimento morale, l’innesco di comportamenti collaborativi, che richiede inizialmente una fiducia nella promessa dell’altro (la sua parola data), sarebbe molto più raro, oltre che più improbabile il mantenimento di tale collaborazione oltre gli orizzonti temporali calcolabili dal singolo individuo.
Impegnarsi a calcolare i risultati delle nostre azioni ad ogni fase dei nostri rapporti sociali è costoso in termini di tempo ed energia. Porsi costantemente la scelta razionale fra cooperare o meno è impegnativo. L’economista Coase includerebbe tale scelta in quelli che chiama i “costi di transazione”, come di un imprenditore che ha dei costi a rinegoziare continuamente i contratti e cambiare i fornitori. Per questa ragione, l’emotività e gli istinti possono essere d’aiuto. Infatti, la moralità è una scorciatoia euristica di tipo biologico che risolve il dilemma razionalmente irrisolvibile della scelta fra cooperazione e non cooperazione, estendendo l’orizzonte temporale della cooperazione anche quando non c’è un orizzonte razionalmente ben definibile e tagliando i costi, lo stress, l’ansia di conflitti e rimescolamenti. Ci permette cioè di trovare la via giusta quando sarebbe troppo costoso, o impossibile, farlo razionalmente. Questo meccanismo, in ultima analisi, fornisce un impulso al progresso dell’umanità e porta alla selezione naturale di esseri umani più cooperativi e civiltà più pacifiche. Proprio come Bitcoin! (non ridete, merde! finite di leggere prima).
Ci si potrebbe chiedere se ci sia un fine ultimo evoluzionistico della moralità, come la promozione dell’individuo e quindi, per via indiretta, della specie; oppure prima di tutto la promozione della specie, anche tramite il sacrificio altruistico dell’individuo. In realtà, è più probabile che non sia né l’una né l’altra. Potrebbe infatti non esserci affatto un fine ultimo evoluzionistico, cioè non esistere alcuna finalità (o un “destino”) in quella forza che ci spinge ad amore e cooperazione. È invece la casualità, proprio come i mutamenti genetici nella teoria darwiniana, che ha combinato in noi certi fattori i quali hanno selezionato l’uomo, facendone un animale cooperativo e quindi di successo. Insomma, siamo padroni della terra perché per caso ci siamo trovati ad amare.
Conquistare il mondo senza la violenza
Ci sono due modi per conquistare beni, ricchezze, terre, potere, capitali, donne e tecnologie. Il primo è la violenza, tipica di briganti, criminali, predoni, stupratori, mafie o altri protettori non richiesti, quali Stati e organizzazioni politiche e sociali, generalmente nei confronti dei produttori di ricchezza, applicando la tassazione o più raramente la confisca. Oppure anche verso l’esterno, con la guerra. In ogni caso, l’applicazione della violenza, o del potere coercitivo che usa la violenza come minaccia o deterrente, è sempre un gioco a somma negativa: la ricchezza viene trasferita da alcuni individui ad altri, e nel mezzo se ne perde sempre un po’, per via di inefficienze, danni o distorsioni.
Uno dei metodi più efficienti di redistribuzione della ricchezza tramite violenza è lo scippo, tipico di un criminale da strada. Se nessuno si fa male, la perdita di “utilità sociale” netta è piuttosto ridotta: lo scippato che ha perso il portafoglio dovrà richiedere la riemissione di tutte le carte bancarie, d’identità etc., con alcuni costi in termini di tempo e denaro. Inoltre, il bel portafoglio in pelle andrà buttato o rivenduto a meno di quanto valesse soggettivamente per il proprietario originario. Ad ogni modo, quantomeno il valore in contanti ottenuto col furto eguaglia quello perso dallo scippato. Al contrario, uno dei metodi più inefficienti, oltre che spiccatamente immorali, di redistribuzione della ricchezza tramite violenza, è la tassazione statale. Spiace per quegli economisti d’accademia che credono ancora di poter massimizzare l’utilità sociale tramite tasse, debito e spesa governativa: si trovano vari esempi particolarmente mainstream nel Blanchard di Macroeconomia e nel Mc-Graw Hill di Scienza delle finanze. Auguro loro letture formative, ad esempio questa.
L’accordo consensuale, volontario e spontaneo degli individui, è una forma alternativa, evoluta e civile, per ottenere ricchezza e progresso. Si svolge sempre tramite forme private di negoziazione come il contratto e il commercio. Il commercio è un atto d’amore nei confronti di sé stessi (perché acquistiamo ciò che ci piace), ma al contrario della violenza, anche gli altri ne beneficiano (perché in cambio ricevono ciò che piace a loro). Si basa sui principi morali più basilari e fondanti la nostra umanità: il mantenimento della promessa, della parola data. Si tratta di un gioco sempre a somma positiva, poiché lo scambio consensuale è conveniente per definizione a entrambe le parti e permette la specializzazione degli individui in lavori diversi, con settori che nel tempo accumulano sempre più capitale in forma di mezzi produttivi e conoscenza e tecnologia, progredendo sempre più. Non solo il commercio consolida le relazioni sociali fra gli individui, incentiva una convivenza pacifica e proficua, ma promuove anche una diversificazione che permette a ciascuno di trovare la propria vocazione in ciò che più ci appassiona. Proprio come Bitcoin! (ancora, non ridete merde! finite di leggere prima).
Gesù contro Cesare
Le autorità sono inevitabilmente attratte dalla ricchezza e dal potere che scaturiscono dagli scambi. Inevitabilmente, il potere costituito ha sempre cercato in tutti i modi di controllare il commercio, da quello di piccola scala monitorato dal vigile urbano e dei controlli a campione dell’AdE, fino agli scambi nelle rotte internazionali pattugliate dalle portaerei americane. Tale controllo non si esercita soltanto dominando le principali vie di comunicazione, ma anche – e soprattutto! – dei mezzi utilizzati per lo scambio, in particolare la moneta.
Il controllo degli scambi garantisce privilegi e un potere straordinario, sfruttato in tutte le epoche, toccando picchi vertiginosi nei regimi, anche democratici, del XX e XXI secolo. Gesù è fra le figure della storia che si sono contrapposte, quantomeno metaforicamente, contro questo potere, non riconoscendo l’autorità monetaria. La famosa frase “Date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio, e agli uomini i Bitcoin” (almeno mi pare fosse così, vado a memoria), nasconde un significato più profondo del semplice disconoscimento dell’autorità amministrativa e monetaria. E lo dico anche escludendo la parte finale sui bitcoin, di cui effettivamente ho dubbi sulla veridicità storica.
Quando venivano messi per iscritto i primi vangeli, a partire, secondo alcune stime, dal 70 d.C., l’inflazione era un tema scottante nella Roma imperiale. Fino ad Augusto, Roma aveva mantenuto un regime monetario ferreo, tuttavia il conio di nuove monete nelle terre conquistate dall’Impero non era facilmente controllabile, essendo gestito da generali e governatori locali tramite zecche mobili. Era quindi possibile che nuove monete venissero contraffatte, mischiando all’argento metalli minori. Il Senato aveva regole rigide e Augusto aveva riformato il conio per garantire una maggiore uniformità, tuttavia la sua riforma portò il conio di aureus (moneta d’oro) e denarius (moneta d’argento) sotto il controllo diretto dell’Imperatore. Bastò qualche decennio perché si abusasse di questo potere e già con Nerone un denaro (denarius) veniva coniato col 10% d’argento in meno, permettendo sostanzialmente a Nerone di acquistare beni e servizi col 10% di potere d’acquisto in più, creato “dal nulla”, per ogni moneta forgiata. Praticamente una tassa invisibile del 10% su tutti i detentori di denari nell’impero, in un periodo in cui l’unica tassa vigente era dell’1%, sul patrimonio, fino ad un massimo del 3% in casi d’emergenza.
Una delle principali cause, forse la prima in assoluto, del declino dell’Impero romano, è proprio l’inflazione. Nel giro di due secoli la svalutazione fu drammaticamente esponenziale, distruggendo stabilità, commerci, il tessuto sociale e la pacifica cooperazione fra i popoli al di sotto e in prossimità del dominio imperiale.
Data | Imperatore | Inflazione* | Inflazione annua media |
200 d.C. | Settimio Severo | 200 | 0,7% |
215 d.C. | Caracalla | 267 | 3,65% |
250 d.C. | Traiano | 300 | 3,65% |
274 d.C. | Aureliano | 700 | 3,65% |
293-301 d.C. | Diocleziano | 1400 | 22,9% |
*100 punti = denarius sotto Augusto
Sotto Tiberio, quando visse Gesù, il denarius imperiale era ancora relativamente stabile, tuttavia le monete coniate con zecche mobili e difformi tra loro potevano suscitare diffidenza. In ogni caso, il denarius era già follemente inflazionato quando gli autori dei vangeli scrivevano, il che va a supporto dell’interessante interpretazione di Claudio Ferrari di alcuni passi evangelici nel suo libro “Cos’è il denaro, cos’è il Bitcoin” (2023).
Nella Giudea, ai tempi di Gesù provincia romana da meno di 30 anni, circolavano monete di vario conio fra cui i sicli di Tiro, la dracma e vari tagli di monete romane. Il tempio di Gerusalemme era un’importante istituzione anche sul piano economico, poiché custodiva un enorme tesoro e agiva da banca facendo prestiti a interesse. Il tempio non accettava offerte in denari romani, ma in sicli di Tiro. I farisei tentarono di trarre in inganno Gesù facendolo esporre sulla questione se fosse giusto pagare le tasse ai romani.
Mostrando un denarius romano e pronunciando le parole “Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio”, Gesù esortava a liberarsi dei soldi romani per pagare le tasse ai romani (che erano obbligatorie, pena la schiavitù), ma limitarne l’utilizzo solo a quello, e di certo non per fare offerte al tempio che costituiva la banca più prestigiosa di tutta la Giudea!
L’interessante spiegazione di Ferrari è che il rifiuto di monete romane non fosse dovuto a motivi religiosi. Infatti, come il denarius effigiava Cesare, lo stesso poteva dirsi del siclo che rappresentava Ercole Melquart, egualmente distante dalla religione ebraica. Era invece la qualità della moneta a fare da discrimine: il denarius poteva essere corrotto, con un valore nominale inciso sulla moneta diverso dal suo reale contenuto, mentre i sicli erano pezzi uniformi d’argento puro di peso noto che provenivano tutti da un’unica zecca. Inoltre, aggiungerei io, si possono anche interpretare le parole di Gesù come un’esortazione a “restituire” ai romani la loro stessa moneta, pagando le tasse nella misura minore possibile (quanto basta per placare l’estorsore imperiale), senza arricchirlo attingendo alle risorse locali.
Insomma, farisei ed erodiani non “rimasero ammirati” dalla risposta di Gesù perché egli sparò la supercazzola spirituale della divisione fra il mondo terreno e quello ultraterreno, al contrario! Rimasero ammirati dalla scaltrezza politica con cui accusava il sistema, usando al contempo una dialettica inattaccabile.
Vi sono svariati altri episodi in cui Gesù fa menzione delle monete in modo molto preciso, a rimarcare l’attenzione che veniva data ai diversi tagli di monete e il relativo valore. Richiamando uno solo dei tanti esempi riportati da Ferrari, nella parabola in Matteo 18,24 il Re buono condona a un suddito un debito di diecimila talenti (unità di misura dell’argento puro, pari a 25kg circa), mentre il servo, malvagio, non condona al compagno nemmeno cento denari (Matteo 18,28). Il fatto di menzionare non solo quantità diverse, ma anche diverse unità di misura del valore, talenti e denari, non è casuale! Gesù, o comunque l’autore del vangelo, vuole proprio sottolineare che il Re condona un debito enorme e in “moneta” buona (il talento), mentre il suddito malvagio non condona nemmeno un debito piccolo e in moneta cattiva (il denarius).
In una terra sottomessa, sconfitta e lontanissima dai fasti degli Elohim dell’antico testamento, cioè quelli che erano probabilmente i grandi comandanti degli israeliti (poi divinizzati e re-interpretati al singolare nella figura monoteista di Yahweh) abbiamo un Gesù scaltro, conscio delle dinamiche sociali ed economiche, anarchico rispetto alle nuove autorità dei conquistatori romani e ai loro strumenti monetari, che sa di non poter combattere direttamente. Nella sconfitta e nel soggiogamento, rivela un grande messaggio spirituale e innovatore, pacifista e d’amore, che si distacca di netto rispetto alle violente tradizioni ebraiche di un popolo un tempo vittorioso.
Gesù è la prima delle tre figure che ho scelto di adottare in questo articolo come rappresentativo di un ideale. Per questo primo capitolo, Gesù rappresenta l’ideale perfetto di amore incondizionato e moralità, senza macchia e paura o, se vogliamo, senza peccato. L’amore è l’ideale che ci porta alla collaborazione, alla reciprocità, allo scambio, che ci spinge a dedicarci per un mondo più bello, buono e gioioso. L’amore è uno di quei caratteri distintivi che ha reso l’umanità forte, la specie dominante.
Torneremo a Gesù fra un po’, ora abbiamo oscuri sentieri in cui passare.
Anakin Skywalker, l’eroe mostro
“Io e il Padre siamo una cosa sola”. “Io sono tuo Padre”. Due frasi molto note, entrambe pronunciate tanto tempo fa, ma solo una in una galassia lontana lontana. La prima di Gesù, la seconda di Anakin. Due epiche molto diverse, ma i protagonisti hanno tanti aspetti simili: entrambi sono figure messianiche, l’eletto, nato dall’Incarnazione (spirito santo o midichlorian poco cambia) e che metterà pace all’universo col suo estremo sacrificio. Gesù morendo in croce e Anakin sacrificandosi e sconfiggendo finalmente (dimenticandosi dell’osceno finale Disney) l’imperatore e signore dei Sith, riportando equilibrio nella forza. Gesù era Dio e uomo al contempo. Anche Anakin è uomo e divinità, l’Eletto che dovrà prendere il posto come Guardiano della Forza sostituendo il Padre degli Dei di Mortis (Clone Wars, Season III ep. 15 e successivi).
Gesù rappresenta l’eroe senza macchia che combatte il male, una forma perfetta, che non cede alla tentazione e alla paura. Il tentativo di presentarcelo come uomo è un epic fail per gli autori – sarà che gli evangelisti non hanno fatto le scuole alte come George Lucas. Infatti, Gesù, diciamocelo, è quasi disumano. Anakin è, al contrario, l’eroe che – prima della redenzione – diventa il male perché troppo umano, perché è subissato dalla paura e dalla sofferenza, da circostanze estremamente sfortunate, e da scelte talvolta obbligate.
Gesù, per quanto le buschi sempre, ha una storia che, almeno nell’interpretazione cristiana, è di successo. Anakin è al contrario l’icona del fallimento. Mentre Gesù è venuto a redimere noi, noi guardiamo Star Wars attendendo la redenzione di Anakin. Non ci identifichiamo mai in Gesù quando leggiamo di lui o lo vediamo in un film. Non sentiamo mai il peso delle sue decisioni dentro di noi. Tanto lui è perfetto, infallibile. In The Passion di Mel Gibson l’unico modo in cui empatizziamo col protagonista è per tutto il dolore fisico subito e soltanto quello. Invece, in Anakin ci possiamo identificare, sentiamo il pathos delle sue decisioni sbagliate, del suo fallimento morale, ci vergogniamo per le sue azioni, speriamo in una redenzione.
Mentre i primi film degli anni ‘70 li vedevamo con gli occhi di Luke, quando li rivediamo oggi, alla luce della saga espansa, la prospettiva è sempre quella di Anakin, il vero protagonista della saga. Siamo col pensiero dentro la maschera nera di Vader quando l’imperatore sta uccidendo Luke col force-lightning, ci sono più emozioni in quella maschera di quante ne percepiamo in un Luke torturato e morente.
Per chi non conoscesse l’universo espanso di Star Wars (quindi le relativamente recenti serie tv oltre ai film storici) faccio un sunto di come Anakin da eroe si trasformi nella nemesi perfetta, prima di redimersi. Avendo un figlio in età giusta e appassionato del genere, ho freschissima l’intera saga rivista per intero. Chi non è particolarmente interessato a pratiche estreme di onanismo nerd come il mega-ripasso liturgico degli eventi di mezza saga di Star Wars, può saltare il prossimo capitolo o semmai dare giusto una rapida occhiata a quanto ho evidenziato in grassetto.
Da Anakin a Darth Vader: la storia
Anakin nasce schiavo, quando un Liam Neeson nei panni di Qui Gonn Jinn ha l’occasione di liberarlo e permettergli di seguire la via dei Jedi. Tuttavia, così facendo Anakin è costretto ad abbandonare la madre, che rimane schiava (Star Wars Episodio I). Vorrà sempre tornare per riscattarla, ma non ne avrà l’occasione, finché sarà troppo tardi.
Inizia il percorso da Jedi di Anakin, che è particolarmente travagliato. I Jedi normalmente sono guardiani di pace, ma è tempo di guerra e Anakin è impiegato dalla Repubblica per 3 anni di battaglie (Star Wars: Clone Wars, serie animata) in cui, sostanzialmente, non fa altro che massacrare nemici: robot, alieni, umani, comunque persone. Il suo compito principale come Jedi sostanzialmente è l’esercizio di forza e violenza. Per vincere le battaglie e salvare i propri cari sviluppa anche un certo pragmatismo e applica approcci non tradizionali per l’Ordine Jedi, fra i quali il force choke (strangolamento usando la forza) per estrapolare informazioni dagli avversari. Si tratta della stessa tecnica iconica che utilizzerà nei panni di Darth Vader, anche in modo fatale. Per il giovane Anakin è una forma di tortura impiegata “a fin di bene” e che permette di salvare tante vite e persone a lui vicine. Il dogmatismo dei Jedi sta già stretto ad Anakin, che guarda più al fine che ai mezzi, alla raisons politique. Usare la tortura sui malvagi per salvare numerose vite innocenti è lecito? La risposta sta nell’eterno conflitto fra morale deontologica e consequenzialistica (vedi ad es. Charle Larmore Patterns of moral complexity) e non c’è una risposta semplice al quesito di cosa sia giusto e cosa sbagliato.
Ormai giovane adulto, Anakin ha delle visioni della madre in pericolo e viaggia su Tatooine per salvarla, ma non fa in tempo. Lei muore fra le sue braccia, dopo essere stata torturata dai sabbipodi Tusken. Lui si vendica sterminando l’intero villaggio (Star Wars Episodio II). Vede la morte della madre come un suo fallimento, lo trova inaccettabile e si convince che dovrà fare di tutto per superare i suoi limiti e salvare i suoi cari. Questa convinzione, unita al suo pragmatismo e noncuranza di precetti impartiti dalla tradizione, lo porteranno su una strada pericolosa.
Sin da ragazzino Anakin è innamorato di Padme. Non concorda con la visione dogmatica dei Jedi e contrariamente alle prescrizioni dell’Ordine, che proibisce l’attaccamento agli altri, decide di sposarla. Di conseguenza, vive perennemente il conflitto di avere un matrimonio segreto che sfocia in situazioni di coppia turbolente (vari esempi in Clone Wars, la serie animata). Inoltre, non condivide la visione politica di Padme, preferendo una politica più verticistica dell’uomo al comando. Questo fetish per un dirigismo un tantinello troppo autoritario è purtroppo molto comune in tutte le epoche e galassie.
Anakin è un generale dell’esercito della Repubblica e, ormai alla fine delle Guerre dei Cloni (serie animata e Star Wars Episodio III) è probabilmente il Jedi più forte al pari di Yoda e Mace Windu, al punto che batte il Conte Dooku con estrema facilità. Durante le Guerre, si dice che fra i giovani preoccupati si mormorasse comunemente come frase comune di conforto: “Anakin e Obi Wan arriveranno a momenti” (fonte: Revenge of the Sith, novelization). Insomma Anakin era noto come Eroe, un personaggio famoso per l’intera galassia. Eppure, aveva il titolo di “Cavaliere” e non gli era permesso di sedere nel Consiglio come “Maestro”, cosa che vedeva come un oltraggio. I suoi conflitti interiori e il suo carattere turbolento non gli conferiscono la stabilità e maturità necessaria. Anakin ritiene che l’Ordine e il suo stesso maestro Obi Wan limitino consapevolmente il suo potenziale. A questo, si aggiunge il fatto che la sua allieva padawan Ahsoka viene accusata ingiustamente di tradimento al posto di Bariss e quindi espulsa dall’Ordine (Clone Wars stagione 7). Un terribile affronto per il giovane Jedi, assalito dai dubbi.
Come se non bastasse, il Consiglio chiede ad Anakin di spiare il Cancelliere della Repubblica (Palpatine), personaggio che fino a quel momento si era sempre rivelato persona saggia, pacata e intelligente, un mentore affascinante per Anakin e per cui egli provava grande stima. Spiare l’amato cancelliere della Repubblica facendo il “doppio gioco” non sembrava certo ad Anakin un mestiere degno dell’Ordine che ha giurato di difendere la Repubblica e quindi il Cancelliere che la rappresenta.
A questo punto il cancelliere Palpatine rivela ad Anakin che Obi Wan e la senatrice Padme si incontrano in segreto e che alcuni politici e i Jedi stanno pianificando di uccidere il Cancelliere. Queste informazioni arrivano ad Anakin quando questi è fisicamente e psicologicamente stremato, pieno di dubbi. Non sa del chip innestato nei cloni per eseguire l’ordine 66 e sterminare i Jedi. Ai suoi occhi, il fatto che l’Ordine stesse facendo spiare il cancelliere poteva solo essere una conferma aggiuntiva alla teoria di Palpatine. Anakin quindi crede veramente che l’Ordine Jedi possa tradire la Repubblica.
Non è consapevole di tutti i raggiri di Palpatine per ottenere maggiore potere, come ad esempio, fra i tanti, la sottomissione del clan bancario intergalattico e il passaggio del sistema bancario direttamente sotto all’ufficio del Cancelliere, che ottiene così il monopolio sul credito (Clone Wars, stagione 5). Abbiamo visto nella Roma Imperiale quanto questo privilegio potesse garantire un potere quasi “divino” all’Imperatore, almeno in termini economici e sociali. Fra gli emendamenti alla costituzione approvati sotto Palpatine, vi è anche una rivoluzione dell’apparato burocratico, con l’introduzione di governatori per ogni settore, giustificati a scopi logistici per fornire il migliore supporto alle truppe dislocate nella galassia. Il Senato ha così sempre minor controllo rispetto all’ufficio della cancelleria. Le tipiche riforme e poteri acquisiti col pretesto dell’emergenza, e mai restituiti.
La scalata di Palpatine, abile e paziente calcolatore, è molto graduale. Legge dopo legge sfruttando paura, rabbia, conflitti e propaganda, accentra sempre più potere. Tanti sono i paragoni nella nostra galassia, dall’ascesa di Hitler all’ordine 6102, atto a dir poco “sovietico” con cui Roosevelt sequestra tutto l’oro ai cittadini Statunitensi. Un duro colpo inferto alla libertà in una nazione che è considerata, quantomeno dal volgo, fra le più libere di quel periodo storico. Per dare atto a un crimine statale e totalitario di questo tipo, Roosevelt sfrutta una legge del 1917 (approvata in tempo di guerra) che dava poteri speciali al governo in caso di emergenza. Per sottrarre la libertà fra scroscianti applausi, inclusi quelli di tutti gli accademici Keynesiani, è bastato applicare il concetto di emergenza a una situazione di depressione economica, fra l’altro causata dalle istituzioni stesse. La Grande Depressione del 1929 è la conseguenza di un periodo di espansione monetaria eccezionale in cui la Federal Reserve aumenta del 60% l’offerta monetaria dal 1921 al 1929. Palpatine, Hitler, Nerone o Roosevelt: ogni galassia è paese quando all’autorità è concesso troppo controllo.
Sheev Palpatine è un astuto manipolatore sia in politica che nelle relazioni personali. È in grado di leggere Anakin come un libro aperto, i suoi conflitti, le sue angosce, paure, dubbi, gli attriti con i Jedi. In quel periodo, Anakin ha continue premonizioni della moglie Padme che soffre e muore. Nelle ultime settimane prima di diventare Vader, non dorme per via di continui incubi e nemmeno mangia (fonte: Revenge of the Sith, novelization). Non è affatto lucido. Non può accettare di perdere anche lei, sarebbe l’ennesimo fallimento. Deve diventare potente abbastanza per salvarla. Ecco quindi che Palpatine trova il momento giusto per rivelare ad Anakin di essere un Signore dei Sith e che in passato i Sith hanno quasi ottenuto un potere così grande da poter sconfiggere la morte: insieme potranno ottenere quel potere e salvare Padme.
Anakin poco sa dei Sith e del lato oscuro, non ha molte basi per valutare che ci sia necessariamente del male nelle (o in tutte) le tradizioni Sith. In fondo ci sono anche tecniche Jedi che sfruttano il lato oscuro come la forma 7 derivata dal Juyo che Mace Windu (Samuel L. Jackson) ha reinventato come Vaapad. Windu, il numero due nel Consiglio Jedi, di fatto ha una spada laser viola che è il mix del colore blu Jedi e del rosso Sith.
Nonostante i suoi dubbi su dove stessero il male e il bene, Anakin si reca immediatament eda Windu a rivelare la vera identità di Palpatine. Windu e una squadra di maestri Jedi si presentano quindi nell’ufficio del Cancelliere per catturarlo. Dopo una delle coreograficamente più brutte battaglie di tutto Star Wars, Windu grazie al suo Vaapad, la tecnica perfetta contro i Sith, riesce a sconfiggere Palpatine (che forse non si è impegnato al massimo, per cercare l’aiuto di Anakin, ma George Lucas in persona afferma che è stato genuinamente battuto). Anakin irrompe nella stanza e trova un Palpatine a terra sconfitto e Windu pronto a giustiziarlo.
Ecco quindi l’ultima goccia che fa traboccare il vaso: Anakin si aspetta che i Jedi catturino Palpatine e organizzino un giusto processo, ma Windu si rifiuta, dicendo che l’avversario è troppo pericoloso per essere lasciato in vita e va eliminato seduta stante. Anakin è qui incapace di vedere il punto di vista di Windu: in fondo non ha alcuna evidenza di crimini commessi dal Cancelliere e non c’è nemmeno un collegamento così ovvio fra il signore dei Sith e la guerra fra separatisti e Repubblica. Seppur Anakin probabilmente capisca che ci possa essere stato un doppio gioco, è improbabile comprendere che 3 anni di guerra siano stati orchestrati interamente da Palpatine. Dopotutto, enormi conflitti sociali esistevano effettivamente e indipendentemente dal Sith.
Insomma, la teoria del tradimento dei Jedi è più che mai valida. In fondo, il mondo di Star Wars non è nero e bianco e buoni e cattivi, errori e tradimenti ci sono in tutte le fazioni (vedi ad esempio, l’episodio di Ahsoka cacciata dall’ordine, o la storia di Dooku(3)). Anakin prova a convincere Windu a risparmiare il cancelliere, ma non ci riesce. Windu sta per sferrare il colpo decisivo e a quel punto Anakin lo ferma nell’unico modo possibile: tagliandogli la mano. Non si aspetta le conseguenze di quel gesto: dopotutto il nemico (Palpatine) è a terra sconfitto, potrà comunque essere catturato. Invece Mace, con la mano, ha perso anche la sua arma per difendersi dal force lightning, e Palpatine lo uccide con una scarica che lo scaraventa fuori dalla finestra.
Qui Anakin capisce che ormai si è ficcato in una situazione irreversibile: come può spiegare all’Ordine di aver aiutato un Sith Lord a uccidere un Maestro del Consiglio? I Jedi gli daranno la caccia, come hanno fatto in precedenza con la sua allieva Ahsoka. Lo vorranno giustiziare direttamente, come hanno provato a giustiziare il Cancelliere? Inoltre, Palpatine deve rimanere in vita, in quanto è per Anakin l’unica possibilità di scoprire i poteri del lato oscuro in grado di salvare Padme. Non ci sono molte opzioni, Anakin sarà costretto a combattere i Jedi in ogni caso. E se non i Jedi, un esercito di cloni là fuori al comando del Cancelliere. Nell’immediato, non può affrontare Palpatine perché qualunque sia l’esito dello scontro potrebbe distruggere l’unica possibilità di salvare Padme. Decide quindi di giurare fedeltà al Cancelliere della Repubblica ed eleggerlo a suo nuovo maestro. L’obiettivo esplicito, come confesserà a Padme poco dopo, sarà quello di carpirne i segreti per ottenere poteri maggiori e poi sconfiggerlo ed eventualmente rimpiazzarlo. Anakin quindi si sottomette “temporaneamente” a Palpatine, che lo ribattezza come suo discepolo: Darth Vader.
A seguire, vediamo la scena forse più intensa di tutta la saga. Vader e i cloni attaccano il tempio Jedi e Vader accede alla stanza dove si sono rifugiati i bambini, giovani padawan (gli younglings):
“Master Skywalker, there too many of them, what are we going to do?”
“Maestro Skywalker, ce ne sono troppi, cosa possiamo fare?”
gli chiede un bambino, così speranzoso nel vedere il cavaliere Jedi ed eroe della galassia che avrebbe potuto salvarli. Anakin accende la spada laser e li stermina tutti.
Il breaking bad di Anakin fino a questo momento è stato graduale e giustificato. Questa scena, per quanto iconica e centrale (probabilmente la più forte e dura della saga), nel character development di Anakin è tuttavia un po’ forzata. Sarebbe stato più credibile per il personaggio che si fermasse paralizzato, guardando i bambini, mentre i cloni irrompendo dietro di lui li massacrano coi blaster. Infatti, nel suo passato da Jedi, Anakin ha già ucciso persone indifese, inclusi giovani nel campo dei sabbipodi Tusken, ma erano alieni e sconosciuti, non bambini che lo conoscono di persona e lo guardano in cerca d’aiuto. Per giustificare tale scena dobbiamo forse pensare a un qualche processo mentale del tipo “verranno uccisi comunque, meglio farlo subito nel modo più indolore possibile” e non certo ad un’azione di puro odio e malvagità, o interesse personale nell’accrescere il proprio potere attraverso il lato oscuro. In paragone, la stretta alla gola nei confronti di Padme è niente: un gesto di frustrazione e gelosia temporaneo, non certo mortale. Padme morirà per lo sconforto, non per un danno fisico.
Fatto scempio del tempio Jedi, un Anakin stremato dalla stanchezza, moralmente combattuto, frustrato e iracondo, affronta Obi Wan e viene sconfitto. Anakin aveva piallato Dooku in meno di un minuto ed è chiaramente più forte di Kenobi. Tuttavia, quest’ultimo riesce ad avere la meglio e segare Anakin in due. Un po’ grazie all’esperienza e la conoscenza perfetta che ha dell’allievo, un po’ il fatto che l’arte difensiva della forma 3, Soresu, è un buon counter alla forma 5 di Anakin, ma soprattutto perché Anakin è in una condizione precaria sia fisica che psicologica, incluse settimane insonni nutrendosi a malapena.
Tagliato quindi in due e ricomposto nella sua tuta da Palpatine, Darth Vader ha una nuova vita e un nuovo volto. Non potrà recuperare mai le abilità nel combattimento con la spada di Anakin, sarà quindi dura poter sconfiggere il suo nuovo oscuro maestro come si prefiggeva di fare. Inoltre, la sua tuta è costruita di proposito per essere debole al force lightning di Palpatine. Tuttavia, la determinazione di Darth Vader lo porterà ad accrescere il suo potere della forza attraverso il lato oscuro (arriverà addirittura a poter abbattere un AT-AT o fermare, tirare a terra e sventrare una grossa nave in partenza per l’orbita, come mostrato nella – purtroppo per buona parte ridicola – mini serie di Obi Wan Kenobi della Disney). La sua crescita nel lato oscuro lo porterà comunque ad essere sempre più potente, e vent’anni più tardi riuscirà a uccidere Palpatine, scaraventandolo nel reattore della seconda Morte Nera e sacrificandosi nell’atto, visto che l’apparato respiratorio della sua tuta cede al force-lightning.
Darth Vader, al contrario di Palpatine, non cercherà mai di ottenere il potere fine a se stesso. Ad Obi Wan, prima della lotta su Mustafar, dirà che ha portato pace, libertà giustizia e sicurezza nel suo nuovo impero. Effettivamente ha ucciso il Sith Dooku, distrutto il consiglio separatista e distrutto il tempio dei “traditori” Jedi. Non c’è più nessuna minaccia all’orizzonte e in effetti non ci sarà nei successivi 20 anni. Le guerre dei cloni per cui è stato costretto a uccidere per tutta la sua gioventù da Jedi, sono finalmente alle spalle. Anche al figlio Luke poi proporrà un sodalizio dicendo “possiamo mettere fine a questo conflitto distruttivo e riportare l’ordine nella galassia”. E probabilmente ci crede davvero: Anakin è nato schiavo, la madre è morta in schiavitù, è cresciuto come Jedi assistendo (anzi partecipando) continuamente agli orrori della guerra. Darth Vader come Sith intende applicare le leggi dell’impero e mettere fine a guerra e schiavitù e, in fondo, giustifica il suo ruolo con una certa visione morale. Ci sono addirittura esempi di Vader che non dorme la notte e si confronta con Palpatine quando scopre una tratta di schiavi ammessa (se non gestita) dall’impero sull’orlo esterno.
Anche nella trilogia originale, le azioni di Vader sono estreme ma non di crudeltà fine a se stessa: assassina due comandanti imperiali strangolandoli perché ritenuti incompetenti a causa dei loro fallimenti, ma non strangolerà mai l’ammiraglio Piett che, pur fallendo, aveva seguito le direttive di Vader o agito assennatamente. Fra l’altro Vader, al di là del comando della legione 501, non fa ufficialmente parte alla catena di comando imperiale (lo possiamo vedere più come una sorta di agente segreto) e potrebbe quindi non avere nemmeno il potere di rimuovere un ufficiale incompetente senza “rimuoverlo” fisicamente, cioè ucciderlo. L’azione più efferata contro il nemico che vediamo nell’arco di tre film è forse lo strangolamento di un prigioniero di guerra all’inizio di Episodio IV, mentre sta interrogando il ribelle che pare rimanere ucciso dal processo.
Vader passa vent’anni con l’unico obiettivo di diventare più potente del suo maestro Sith e sconfiggerlo. Vent’anni in cui Palpatine lo tortura, letteralmente. Persino la tuta di Vader è progettata per mantenerlo in un costante dolore fisico, una via crucis permanente, con l’asserito intento di accrescere in lui il potere del lato oscuro.
La sofferenza del messia cristiano è nulla in confronto a quella di Anakin. Cristo soffre torture fisiche, ma Anakin ha letteralmente una vita intera di tortura, non solo fisica, ma anche psicologica: deve convivere continuamente con il peso delle sue azioni, dei fallimenti. Mentre Gesù si addossa tutti i peccati del mondo e soffre come se fossero peccati suoi, Anakin in persona ha compiuto i peggiori peccati e ci deve convivere.
Il paradosso è che l’odio che motiva Vader è tutto verso il suo maestro, l’autorità politica massima, autoritaria, che ha il controllo di ogni cosa nella vita dei cittadini dell’impero, e la vita di Vader nelle proprie mani. Un Leviatano imprescindibile. Ma Vader ha anche bisogno del suo maestro sia per diventare più forte che per sopravvivere. Senza Palpatine nessuno può sorvegliare Vader nei momenti di riposo, visto che è costretto a bagni nella vasca di bacta per rigenerare le sue chiappette bruciate dalla lava o a ricaricare le pile della tutina prima di tornare in giro a piallare cristiani. In quanto Sith, Vader è estremamente vulnerabile. La regola dei due – un allievo, un maestro – ha l’obiettivo di evitare genocidi, visto che lo scopo di un Sith è sempre quello di diventare il più forte prevalendo sugli altri Sith. Ma Vader come Sith è terribilmente vulnerabile, vista la sua condizione di mezzo infermo. Darth Plagueis è stato ucciso nel sonno dopo essersi ubriacato. Se per Plagueis è bastato un attimo di distrazione, per Vader, ormai dipendente dal potere di Palpatine, il costante bisogno di life support significa essere uno schiavo costantemente alla sua mercé. Quanti intorno a noi, come Vader, dipendono dal Leviatano, ne sono schiavi e al contempo non ne possono fare a meno?
La sopravvivenza non è l’unica ragione per cui Vader ha bisogno di Sheev Palpatine. Il suo maestro è l’unica connessione “umana” che gli rimane, l’unica persona che fa parte della sua vita passata. Era il simbolo della Repubblica che come Jedi difendeva, il simbolo della guerra vinta contro i separatisti che è stata centrale nella vita di Anakin. È il potere che Anakin ha servito “a fin di bene” prima di diventare Vader, e che si è “finalmente” imposto nella galassia portando la “pace”. Combatterlo significa rinnegare gran parte del proprio passato, riconoscere che per l’intera vita ha prestato servizio per la causa sbagliata. Significa svuotare completamente di senso la propria vita. Per questo è così difficile liberarsi del Leviatano. È difficile riconoscere la fallacia dei sunk cost. Come vediamo molto bene nella serie Andor che fa da spin-off al bel film Rogue One (serie veramente bella, per adulti, mica come i vari Mandalorian/Ahsoka e altra robetta per bambini del franchise) il male e il bene non sono mai bianco e nero e la ribellione non è certo fatta di santi. Vedere l’impero come il male assoluto è semplicistico. Vader stima veramente Palpatine e gli è in qualche modo devoto, quantomeno è devoto alla sua forza e alla sua capacità di avere successo, mentre la vita di Vader è un costante fallimento.
Per quanto odi il suo maestro, abbatterlo priverebbe Vader di ogni ragione di vita, almeno fino all’incontro con Luke. Pur nella sua tutina da malvagissimo, Vader in fondo rimane un orsacchiotto sensibilone. Al di là della grande purga al tempio, Vader è sempre piuttosto gentile coi Jedi. Per esempio, quando affronta Kanan ed Ezra nella serie animata Rebels, ci giochicchia spintonandoli dolcemente qua e là (letteralmente spingendoli con le braccia) anziché trapassarli di netto di spada. Chiaramente li risparmia. Per non parlare del trattamento di favore per il figlio Luke. Vader ha trent’anni di esperienza di combattimento e uso della forza, quell’altro si è fatto quattro salti con Yoda a zainetto e lo affronta? Che stupidaggine dai. Per carità, Luke ci avrà pure i midichlorian alti ma non è che allora vai nella palude, “fare o non fare, non c’è provare” e zac, diventi Ken Shiro. Luke stesso se ne rende conto che il papi è un po’ troppo soft e che se non sta prendendo una barca di legnate è solo perché c’è del tenero in lui (ep VI): “I feel the good in you, the conflict…You couldn’t bring yourself to kill me before, and I don’t believe you’ll destroy me now”.
Anakin e Gesù, somiglianze e differenze
Anakin è un protagonista più moderno e oscuro di Gesù, per certi versi molto più interessante, specie per via della sua umanità e delle sue sfaccettature psicologiche. Gesù accetta la sua sconfitta, non la calcola proprio. Non è una sconfitta, è un essere troppo divino per percepirla come tale. Anakin invece la detesta, vuole vincere fino all’ultimo. Ma all’ultimo, capisce che come per Gesù, la vera vittoria alla fine è il suo sacrificio. Come Gesù si sacrifica, muore per noi. Anakin salva non solo il figlio Luke, ma la galassia. La sua determinazione gli permette di essere l’unico essere della galassia che ha la Forza per muoversi e scaraventare via Palpatine mentre è colpito dal force lightning (determinazione e – vabé – forse anche il count in midichlorian da eletto/prescelto aiuta). Vader va consapevolmente incontro al suo estremo sacrificio, poiché sa che la sua tuta è vulnerabile al force lightning per design e nemmeno Yoda può resistere e muoversi quando colpito direttamente dalle scariche di Palpatine (ad esempio in Ep. III Revenge of the Sith, nell’ufficio del Cancelliere).
Gesù e Anakin insomma sono due figure molto diverse, ma per certi versi molto simili. Facciamo uno schema riassuntivo:
ce l’ho/mi manca | Gesù | Anakin |
concepimento | Maria vergine lo mette al mondo | Vergine o no, comunque la madre è ingravidata dalla “Forza” |
paternità | in quanto trinità è – anche – dio padre | Luke, io sono tuo padre |
l’eletto | è il messiah | è l’eletto che riporterà equilibrio nella forza |
tentazioni | vince la tentazione del demonio a tramutare i sassi in pane | si fa sedurre dal potere oscuro di Palpatine nell’illusione di poter salvare Padme dalla morte |
sfighe varie | viene randellato un botto, si fa la via crucis e viene appeso in croce |
|
Sacrificio | Muore per tutti noi sconfiggendo il male | Muore per tutta la galassia, sonfiggendo il malvagio imperatore Palpatine |
Humour | Poco o niente, almeno nelle versioni non apocrife | Buon senso dell’umorismo e dad jokes(4) |
Redenzione | Nessuna, era già perfetto così. Ma redime tutti i peccati del mondo. | L’amore e ammirazione per il figlio lo redime. E libera sé stesso da tutti i peccati commessi |
Resurrezione | Lascia il sepolcro e sale al cielo | Sale al “cielo” come fantasma immortale della forza. |
Anakin Skywalker ha vissuto così tanto il male che è diventato il male lui stesso. Ha commesso errori. Ma non si è mai arreso. Ha sempre combattuto, quantomeno per se stesso. Anakin rappresenta l’indomita lotta della bestia ferita e incatenata contro le circostanze opprimenti. L’individuo oppresso contro la tirannia totalitaria di una forza coercitiva schiacciante, del Leviatano, fuori e dentro di sé. Anakin e Vader sono perennemente sconfitti, ma non accettano mai la sconfitta e lotteranno sempre. Nella disfatta, ha perso la via, ha commesso nefandezze, ma quand’anche pareva troppo tardi, è bastata una scintilla d’amore – il ritrovato frutto del grembo della sua amata – per illuminarlo e fargli ritrovare la strada, sacrificandosi per una giusta causa. Anakin è un eroe realistico, pragmatico, che compie scelte, sbaglia, ma è sempre protagonista. Non è mai una pedina. Nemmeno quando serve Palpatine. Vader ha sempre altri piani. Rappresenta la glorificazione dell’individuo che nonostante le più grandi avversità, è in grado infine di determinare il proprio destino, combattendo prima il suo stesso Ordine e poi vincendo la battaglia più grande, quella del lato oscuro dentro di sé. Anakin è ribelle, determinato, autonomo, indipendente, un guerriero indomito. Un’icona di auto-determinazione e di passione. È l’individuo contro lo status quo, contro l’ordine costituito, nel bene e nel male, contro i Jedi e contro i Sith. Se Gesù rappresenta l’amore, Anakin rappresenta la determinazione.
Oggi del Cristianesimo è rimasto più lo spirito di sacrificio apatico di chi lavora e subisce, confidando in una salvezza ultraterrena dopo la morte, piuttosto che l’anarchismo di un Gesù ribelle all’autorità, che costruisce un regno indipendente, fatto di amore e valori, su questa terra. Ci vuole un po’ più di Anakin a riaccendere la fiammella della passione nell’eredità occidentale di matrice cristiana.
Ciò che fa più terrore oggi, in tutta la storia recente, sono gli zombie che ci circondano, pedine di un regime politico o culturale. Mai come nella farsa pandemica abbiamo visto milioni di queste creature acefale, incapaci di vedere, di appassionarsi, di combattere per sé né tantomeno per gli altri o per ciò che è giusto. Creature spaventate da un nonnulla, pezzi di carne che passano la vita sul divano, distraendosi con un po’ di gossip su capri espiatori che vengono svergognati in tv. Pedine abuliche che non hanno nemmeno la pretesa di rivedere un po’ di sole o d’amore, di sentirsi bene. Zombie depressi con la sindrome di Stoccolma che si votano a divinità improbabili come lo Stato, cantando collettivamente dalle finestre, con le mascherine nemmeno abbassate, l’Inno soffocato di un popolo acritico e defunto che osanna il suo stesso carnefice. Persone che senza passione, ideali o determinazione, subiscono passivi qualsiasi cosa, non sono mai protagonisti e hanno paura di agire perché agire può significare commettere errori, deludere qualcuno che conoscono, o perdere quel poco che hanno, che non è certo dignità.
Ma la storia è solo dei protagonisti, nel bene e nel male. Siate pure mostri per qualcuno, siate i loro Darth Vader. Sbagliate, ma non smettete di avere passione, di combattere. L’umanità progredisce soltanto perché ci sono quelli che hanno il coraggio e la determinazione ad andare incontro alla verità anche a costo di deludere tutti gli altri.
Satoshi, l’eroe occulto
Può un eroe rimanere eternamente nell’ombra, sparire e abbandonarci, lasciarci in balia del male? lemà sabactàni! Come Gesù e Anakin, Satoshi è altrettanto intangibile, nonostante sia l’unico che ad oggi potrebbe essere ancora qui, camminare tra noi. Qualcuno di noi potrebbe averci parlato, o quantomeno scambiato corrispondenza. Eppure ha rinunciato totalmente alla sua carne, traducendosi in un pezzo di software inesatto e incompleto, lasciandoci da soli ad affrontare il mondo. La sua eredità è una community di individui isolati, sparsi e non organizzati. Ma equipaggiati delle armi giuste: un codice, una missione, un ideale, e le chiavi di un regno segreto e impenetrabile, incontrollabile, ma accessibile a chiunque voglia farne parte.
La lotta nell’ombra, il potere distribuito
La completa incorporeità di Satoshi, come per Bitcoin, è il suo super-potere. Satoshi può tramutarsi in un ideale e crescere dentro di noi. Come Gesù, Satoshi trova terreno fertile per il suo messaggio, perché la sua visione è morale. Come Anakin, è determinato a combattere lo status quo, l’ordine costituito. Bitcoin mette in discussione tutte le tradizioni dell’ultimo secolo: lo strapotere dello Stato, la teoria economica e monetaria mainstream, la teoria politica e il diritto pubblico, le principali dottrine sociali.
Attenzione però, perché la battaglia non va presa di petto, non si combatte in campo aperto. E non perché Satoshi sia un vigliacco. Satoshi rimane nelle ombre, l’eroe occulto, perché è saggio e furbo. Come Gesù, sa come affrontare il Leviatano. Non si abbattono le portaerei della US Navy con i fucili, ma in determinate circostanze puoi affrontare l’esercito più potente del mondo con l’economicità e praticità del Kalashnikov. L’AK-47 in territori poveri come l’Afghanistan o il Vietnam ha reso tribù di allevatori e pastori incontrollabili da parte di eserciti professionali (copio liberamente da Bitcoin is a weapon). Una singola bomba può costare al Leviatano $25,000, senza contare il costo dell’aereo che la porta, del personale, delle decisioni strategiche prese centralmente, mentre un Kalashnikov prodotto localmente costa 150$ al pastore che lo imbraccia. E quando ti spara addosso non sei meno morto di quando ti esplode una bomba da 25 kappa in testa.
Questo è il vero potere di uno strumento distribuito, economico ed inclusivo: ciò che è economico e scalabile può sconfiggere ciò che è costoso e centralizzato. Grazie alla crittografia, certi problemi matematici sono difficili e costosi da risolvere, ma facili da verificare. Perciò trasferire informazioni è possibile a costo irrisorio e senza possibilità di essere controllati. E fra queste informazioni, vi sono i dati di transazioni monetarie. Si tratta della stessa “scalabilità” di un fucile imbracciato dal pastore. È così che Bitcoin permette di fare opt-out da quelle follie del mondo della “fiat money” a cui ho dedicato almeno due importanti articoli: Quando e perché nasce la moneta fiat e La tragedia della moneta a corso forzoso.
Scambi e commercio sono espressione primaria della nostra umanità, sono evoluzione e progresso, nonché la principale fonte di ricchezza. Ricchezza che attira il parassita. L’autorità politica, per sua natura, cioè per via di incentivi che i principali attori politici hanno durante i loro mandati, mira ad estendere la sua influenza controllando gli scambi. La marina americana controlla le vie navali delle merci, mentre altre istituzioni americane si impegnano ad estendere il proprio controllo diffondendo il dollaro in gran parte del globo, stabilendo i propri standard e la loro valuta come principale mezzo di scambio. La World Bank (Banca Mondiale) e l’IMF (il Fondo Monetario Internazionale) sono la testa di ponte di questo sistema. I politici sanguisughe dei paesi più poveri fanno a gara per indebitarsi coi fondi concessi da queste istituzioni, godendo di tutti i privilegi di un’inondazione di credito. I fondi sono vincolati ad una pianificazione centrale incline al fallimento, sia perché vengono sprecati in un grosso apparato burocratico improduttivo, sia per i motivi che la teoria del “prezzo come informazione” del premio nobel F.V. Hayek spiegano agevolmente: il pianificatore centrale non conosce le dinamiche produttive degli agenti di mercato e non sarà mai in grado di modificare top-down la produttività di lungo termine di un popolo o una terra tramite finanziamenti al settore pubblico.
Quando i fondi finiscono e i politici e burocrati che avevano ottenuto il finanziamento si ritirano a vita privata, rimane solo un debito in dollari per la popolazione, da ripagare alle istituzioni che hanno concesso il credito. In questo modo, si forza la nazione debitrice ad utilizzare la moneta del creditore. Soltanto in banconote, si stima che ad oggi vi siano circa 950 miliardi di dollari circolanti al di fuori degli Stati Uniti, il 45% del totale. Gli Stati Uniti ottengono così il potere di diluire gli effetti dell’inflazione: quando la Federal Reserve Americana stampa nuova moneta facendo credito al Tesoro americano, alle principali istituzioni finanziarie o alle big corps(5), la nuova moneta stampata fa perdere potere d’acquisto a tutti i detentori di dollari, in quanto l’effetto è diluito a tutti i dollari circolanti, anche all’estero. Di contro però, solo le istituzioni statunitensi beneficiano del reddito da signoraggio monetario. Il potere della stampa del denaro quindi non solo comporta un’enorme redistribuzione di ricchezza dal settore privato verso quello pubblico, ma persino da un paese all’altro.
Satoshi ha costruito per l’umanità un’arma silenziosa che ci permette, come individui, di riprendere il controllo delle nostre vite, e come popoli di emanciparci da un sistema oppressivo. L’insegnamento di Gesù ai farisei del tempio è un eco lontano che risuona nella strategia di Satoshi: date a cesare quel che è di Cesare a Dio quel che è di Dio. Non dobbiamo combattere il dollaro o l’euro, basta che ce ne fottiamo. Cesare non è il nostro Dio, non siamo i suoi schiavi, anche se siamo circondati da schiavi che vogliono apparecchiare anche per noi la tutina BDSM che loro stessi vestono così pieni d’orgoglio. Non rimarremo schiavi dell’Imperatore se troviamo la determinazione e la motivazione di combattere, perché quando siamo insieme, la nostra Forza ci rende immune a force lightning e inflazione. Ripaghiamo indietro l’obolo al padrone nella sua moneta che è simbolo di violenza, ma teniamoci l’unica moneta che conta, simbolo di pace: Bitcoin.
Non si può controllare una nazione armata. La Germania nazista ha proibito le armi ai civili e ogni dittatura disarma i propri cittadini prima di potersi instaurare. Ma Bitcoin è un’arma per ogni casa. Nessun regime totalitario può resistere. Ogni giorno che passa, un nuovo individuo si risveglia dal torpore, un bitcoiner vede la luce e sceglie di mescolarsi nell’ombra. Una massa silenziosa, inarrestabile, che cresce finché l’incontro fra domanda e offerta segnerà un momento di non ritorno: Bitcoin costituirà l’ago della bilancia della ricchezza mondiale.
Oggi (marzo 2024) Bitcoin è utilizzato per inviare soltanto tramite blockchain (cioè nelle transazioni così dette di “settlement” o compensazione, escludendo quindi tutte le transazioni interne ai sistemi di intermediari, processori di pagamento, banche/exchange e in generale custodian) un valore di circa 10 miliardi di dollari al giorno. Si tratta di migliaia di miliardi all’anno soltanto onchain. Eppure, al di là di alcune regioni o città, non vediamo comunemente transare in Bitcoin nel quotidiano. Infatti, per una fondamentale legge economica – la legge di Gresham – Bitcoin non verrà utilizzato per gli scambi comuni finché una moneta “cattiva” è imposta per editto statale. Chiunque detenga Bitcoin non se ne vuole liberare. Ci si libera della moneta cattiva prima, e solo in mancanza d’altro si spende quella buona. Dollaro ed Euro rimarranno quindi in circolazione molto a lungo come moneta cattiva perché il popolo è costretto a detenerla, in quanto l’autorità la pretende con la tassazione obbligatoria.
Oggi l’inflazione permette al debito pubblico di essere continuamente rinnovato, stampando moneta che ripaga il debito vecchio con debito nuovo. L’emissione di nuova moneta è esponenziale. Ma la spirale inflattiva delle monete fiat porta all’autodistruzione del sistema, l’apocalisse in cui tutti i debiti sono rimessi a tutti i debitori. Infatti, quando la moneta fiat, a causa dell’inflazione, non vale più nulla, crediti e debiti non hanno più alcun valore. Un happy ending alla Fight Club, coi palazzi degli istituti di credito che crollano, ma dove il grande reset è pacifico e meritocratico. In presenza di un’alternativa monetaria concreta, non è più come nella Weimar degli anni 30’ in cui la ricchezza del popolo viene distrutta. L’inflazione non colpirà più il popolo ormai emancipato, perché Bitcoin è un’arma e uno scudo per ogni casa. Distruggerà solo lo Stato che di quell’inflazione vive, lasciando più spazio alla società civile e all’iniziativa individuale.
Tolto l’onnipotente scettro inflattivo, al Leviatano rimangono solo la tassazione e la confisca diretta, per redistribuire valore dai produttori di ricchezza del paese, cioè il settore privato di lavoratori e imprenditori, alla classe parassitica. E anche contro tale furto di Stato, Bitcoin offre un facile riparo: è possibile con la velocità di un click (ma anche senza necessità di fare click) portare tutto nella giurisdizione meno autoritaria e opprimente. Si elegge così a propria dimora, vuoi solo finanziaria o anche fisica, quella giurisdizione che si è meritata di risplendere della vostra ricchezza. È solo grazie al libero mercato che può nascere un giardino dell’Eden fra gli inferni fiscali e Bitcoin permette a chiunque di partecipare a questa missione, o quantomeno di fuggire dall’inferno quando le fiamme si fanno troppo intense.
Gesù Cristo anticipava di 2 millenni la risposta alla soluzione del male che regna sulla terra, l’infinito potere coercitivo del governo tramite l’inflazione. La soluzione è “fuck the system”, o “hack the system”, poco cambia. Ecco quindi che vi rivelo la risposta alla domanda che da anni vi tormenta: chi è Satoshi? È evidente che Satoshi Nakamoto non sia Adam Back o Nick Szabo, né Hal Finney o Dave Kleiman. È invece la potentissima digievoluzione di Gesù Cristo che in forma di force-ghost allievo di Skywalker si è digitalizzato nella nostra era.
Scherzo, la risposta seria è nel prossimo capitolo.
Una nuova filosofia ed estetica
L’approccio di Satoshi, con la sua scelta di nascondersi, sparire, è mitologico. Si è costruita una vera e propria epica del bitcoiner. In fondo Bitcoin è nient’altro che un discorso morale. Una rivoluzione non violenta che fa perno su una nuova filosofia libertaria e anarco-capitalista. Vi è la fusione di varie correnti diverse, in primis la corrente cypherpunk focalizzata sull’importanza dal punto di vista filosofico della privacy e su un approccio sperimentalista e scientifico, di tipo Popperiano.
Il manifesto cypherpunk del 1993 promuove una società aperta, senza preconcetti, dove chiunque è libero di esprimersi e quindi ogni idea può essere messa al vaglio del processo scientifico di verifica e falsificabilità. Per l’assoluta libertà di parola, è necessaria la privacy, la possibilità di scambiarsi informazioni anche in maniera anonima, incensurabile. L’informazione non è solo parola, ma anche numero, contabilità, denaro. Se ti posso mandare una lettera liberamente senza che la superbia dei potenti, o di una tirannia della maggioranza, possa metterci becco, devo poterti mandare anche una fattura e un pagamento con la stessa libertà. Internet e Bitcoin sono per i cypherpunk la salvezza della cultura e della civiltà moderna.
Pensiamo ai neo-totalitarismi sanitari del 2020: senza la libera informazione via internet, anche i più ragionevoli sarebbero forse stati risucchiati dal vortice di ignoranza. O pensiamo ai climarxismi senza una wikileaks a esporre il caso climate-gate e i dati ricavabili tramite il web a fare da effettiva peer-review alle conclusioni sbandierate dalla stampa e basate su qualche estratto stentoreo dall’IPCC. O ancora: cosa sapremmo oggi di Bitcoin se ci fossero solo le testate giornalistiche mainstream ossessionate dal sadico e ricorrente kink “Bitcoin is dead”, anziché le varie mailing list, forum, social e blog specializzati da cui ricavare vera informazione? La civiltà umana ha combattuto per secoli la battaglia per la libertà dell’informazione e, nonostante alcune regressioni tutt’oggi in atto, per lo più è impossibile, per un’autorità, isolare dalla conoscenza una classe di individui che si vuole veramente affrancare. Nella lotta per la libertà dell’informazione abbiamo fatto incredibili passi avanti, mentre quella per la libertà dei pagamenti è appena iniziata.
Il background culturale di Bitcoin non è altro che la ricerca di un mondo più bello, più sereno, libero. Forse la forma più genuina di amore per il prossimo che una banda di nerd introversi sia in grado di esprimere. L’entusiasmo e la gioia palpabile che si percepisce all’interno della community è amore per la vita e l’umanità.
Dopo il manifesto di Erick Hughes, vi sono le prime commistioni con la scuola austriaca di economia grazie a Nick Szabo, che per primo fra i cypherpunks cita l’austriaco Menger nel suo paper The Origins of Money (2002). La Scuola Austriaca di Economia, pur nascendo nella seconda metà dell’800, è veramente maturata a mio avviso solo dai primi anni ‘90 con Huerta De Soto. Queste correnti hanno in comune la centralità della persona come individuo dal punto di vista sia economico (dalla scuola marginalista) che filosofico (libera espressione, pensiero critico) ed incontrano il libertarismo del primo Nozick e di Rothbard, rappresentanti di evoluzioni economiche e filosofiche del liberalismo classico che passano attraverso Hayek e Mises.
Il movimento che ha dato origine a Bitcoin sviluppa tutta una serie di precetti morali e ideali che hanno risvolti estremamente pratici (ad es. “Don’t trust, verify”, che richiama l’approccio scientifico e critico fino all’estremo, “adversarial” come si dice in gergo), ma anche una serie di suggestioni etiche ed estetiche di tipo settario: hodl, dyor, weak hands, no-coiner, maximalists, shitcoin, l’honeybadger, la serie “fiat-qualsiasi cosa” come “fiat world”, “fiat food”, “fiat government” etc.). Tutta l’estetica di Bitcoin riconduce alla sua intrinseca moralità, che con un po’ di autoironia diventa una quasi-religione. I tanti riferimenti pseudo-religiosi nella community sono null’altro che uno spiraglio della potenza evocativa degli ideali fondanti Bitcoin. Questo stesso articolo che state leggendo dai toni da profeta new age americano ha carattere più deontologico che descrittivo o storico. Descrivo non ciò che è, ma come deve essere. Come dovete essere, in quanto uomini moderni. Per soli 300 euro potete avere anche la versione su tavole di pietra.
E non è niente a confronto col “book of Satoshi” dal sapore vagamente biblico e agiografico, cioè la raccolta di tutti gli scritti di Satoshi online, inclusi alcuni messaggi privati ai peers (insomma una raccolta epistolare). O ancora, la “religione anti-fiat” di Saifedean Ammous, che in modo molto tranchant attribuisce addirittura all’arte contemporanea una “corruzione” dovuta alla distorsione delle preferenze temporali della moneta fiat. Fino ai gruppi come il “Priorato” nostrano, presieduto dallo stimatissimo Alto Priore, Giacomo Zucco. Sappiamo tutti però che il più potente e altolocato nel prelato italiano è, in realtà, un noto individuo della community che è al momento riuscito – incredibilmente! – a rimanere ancora anonimo. Con immenso rispetto e ammirazione riveliamo che si tratta di lui (che qui ci parla tramite un emissario): il cugino di Giacomo.
Ci possiamo ridere sopra, ma la carica estetica del movimento Bitcoin non è affatto da sottovalutare. Perché ci sono alcuni individui che non hanno paura dello stigma sociale, di ricercare la verità ed esprimerla, di essere sempre indipendenti e avere la massima autonomia di giudizio. Come Gesù moriva da solo e abbandonato, di fronte a un mondo malvagio, i profeti di Bitcoin non hanno paura ad affrontare il mondo intero proclamando la loro verità. Sappiamo di fare la cosa giusta, a prescindere dal risultato, e ci battiamo con la stessa determinazione di Anakin. Ma un movimento è fatto di tanti, alcuni forti e altri meno. C’è chi ha bisogno di simboli, di emozioni, di rinnovate motivazioni, di ritrovare il gusto per il bello. Trovate dunque la determinazione quando tutto il resto crolla, quando Padme muore e il male regna sovrano. Ritrovate il vostro ottimismo, perché anche quando sconfitti, o visti come mostri dal resto dell’umanità, siete voi che state facendo del bene, siete voi gli eroi, siete voi Satoshi.
Conclusione
Maggiore è l’estensione del potere politico e della macchina governativa e burocratica rispetto all’autonomia e indipendenza dei singoli individui, peggiori sono i crimini contro l’umanità a cui assistiamo. Il progresso tecnologico, civile, istituzionale, morale, si verifica in quelle civiltà che riescono a garantire la pace a lungo all’interno dei propri confini, così che una società civile possa prosperare. Storicamente, questa pace si è talvolta verificata anche grazie a governi organizzati e potenti, come l’antica Roma. Tuttavia, quando questo potere diventa troppo invasivo e capillare, l’individuo è una mera pedina insignificante, un servo, o peggio carne da macello. Se l’individuo non ha più difese contro estorsioni, sequestri, rapine a mano armata come la tassazione, il potere inizia a corrompere ogni cosa, prosciugando ogni risorsa fino a distruggere anche se stesso. Assumendo il monopolio dell’emissione monetaria, gli imperatori iniziano a comportarsi come divinità, da Palpatine all’antica Roma, soffocando sempre più la società civile.
Oggi, le decisioni di Stato e l’esito del processo “democratico” sono dettami divini inappellabili, che arrivano a determinare come curarti, che sostanze assumere, come e quando uscire di casa, come inspirare ed espirare, che distanza mantenere con gli altri, cosa puoi o non puoi toccare, il pizzo che devi pagare all’autorità persino su una donazione, quanti soldi puoi detenere o movimentare e in che forma, cosa è una fake news, come devi tenere la contabilità e quindi quale forma di scrittura è ammessa e quale no, cosa devono imparare i tuoi figli a scuola, cosa è morale e cosa è immorale.
Quando la ragione degli individui è rimpiazzata da una norma positiva, la legge che pervade ogni ambito, ogni minima sfaccettatura delle relazioni umani, l’uomo è privato della sua umanità, è un robot che deve eseguire il manuale. Termina il confronto, il dialogo, il pensiero critico, il progresso. Il conflitto morale è uno degli elementi che da sempre ha caratterizzato la storia umana ed è centrale nel progresso della civiltà e della nostra umanità. Non solo, quello della moralità è uno dei temi più profondi e più belli, anche a livello estetico ed artistico. Soffocarlo significa toglierci creatività, fantasia, potere.
Le opere artistiche veramente intramontabili non includono solo grandi battaglie, trame intricate e colpi di scena, ma soprattutto dilemmi morali, conflitti interiori, scelte difficili, per cui empatizziamo e che ci fanno pensare alle nostre esperienze e all’idea di giustizia. Sin dall’Antigone di Sofocle, i princìpi della famiglia contro l’etica divina, la famiglia contro lo Stato, la morale individuale contro l’etica del gruppo. Il nostro tempo è segnato dagli eroi della contemporaneità, reali o immaginari, anche a livello artistico, letterario, cinematografico.
Avrà fatto bene un Mattehw McConnaughey straziato, mentre si dirige verso lo Spazio profondo e verso l’ignoto, ad abbandonare per sempre la figlia, in Interstellar, spinto da una flebile speranza di salvare l’umanità? O pensiamo a quanto sia affascinante il percorso morale di Dexter, il conflitto interiore dettato dall’istinto omicida a cui non si può porre freno, ma solo incanalare tramite il codice morale impartito dal padre e supportato da un attaccamento alla famiglia. E ancora, come ci tiene attaccati allo schermo il breaking bad di Walter White, spinto inizialmente da scopi nobili: tollerare un piccolo male a fin di bene a cosa può portarci nel lungo periodo? E invece in Chimera Ant saga di Hunter Hunter, quanto è interessante indagare su cosa sia la morale per una creatura semi-divina come Meruem, che ci affascina col suo character development dopo l’incontro con Komugi? O ancora, rimaniamo scossi dall’enorme tensione nei protagonisti di Black Sails fra la vita libertaria e ribelle, fatta tutta di ideali e avventure, in antitesi alla convenienza più pragmatica e realistica, spinta dagli affetti personali, che può sacrificare tutto il resto.
Non c’è mai una soluzione univoca per tutti i dilemmi morali. Ogni individuo trova la sua soluzione, il suo equilibrio. Una cosa è certa: non è una legge positiva di un ente astratto e impersonale, lontano, ma onnipotente, a dovere o potere determinare ogni aspetto della nostra vita, a insinuarsi fra i nostri scambi privati, a dirci cosa è vero e giusto.
Bitcoin promuove la cooperazione ed efficienta gli scambi, facilita la coincidenza dei bisogni e desideri fra individui diversi, rimuovendo il più possibile intermediari e frizioni. Efficienta l’uso delle risorse esistenti, tagliando i costi di transazione di Coase e risultando in una maggior ricchezza anche senza un incremento di prodotto, un po’ come fanno app quali Airbnb o BlaBlaCar mettendo in condivisione risorse già esistenti e non perfettamente allocate (l’abbondanza di case/auto esistenti che possono coincidere con i viaggi in piano). Facilitando gli scambi, si spingono individui e popoli alla cooperazione, annullando i privilegi, acquisiti non certo per meriti. In questo modo, è anche più semplice l’accettazione delle differenze, la tolleranza. Ma si parla sempre di una tolleranza costruttiva, con elementi adversarial, mai acritica e politically correct da zombie addomesticato. Bitcoin ti mette in gioco, ti permette di cambiare, sperimentare, scoprire, viaggiare, oltre i confini geografici e della conoscenza. Mette al vaglio la moralità del sistema, l’etica dello Stato, l’idoneità di un mezzo di pagamento, la necessità di un potere costituito. Bitcoin è la filosofia morale della libertà, dell’approccio critico, della centralità dell’individuo con autonomia di giudizio, che ha una propria dignità, anche grazie ad una capacità “bellica” sufficiente a resistere a un mondo che diventa sempre più totalitario.
L’etica della non violenza che promuove lo scambio è così umana, così radicata nella nostra essenza, sia nei processi emotivi che quelli logici, che come abbiamo visto, è persino riscontrabile nei nostri progenitori animali e costituisce uno dei pilastri su cui si è sorretta la civiltà moderna e tutti i reali progressi che abbiamo raggiunto come specie. Ogni tassello che compone l’etica di Bitcoin è una filosofia di non violenza, di amore e cooperazione che è radicata nella nostra specie, riscontrabile sia nella sfera della ragione che delle emozioni e dell’istinto. Queste caratteristiche ne possono fare un minimo comune denominatore di tante correnti di pensiero costituendo di fatto una “teoria della giustizia” assolutamente onnicomprensiva.
Abbiamo una nuova mitologia, abbiamo nuovi profeti. Ora andate e parlate, siate come missionari fra i puri di spirito nel mondo. E prima di diffondere il verbo o verità assolute, contagiate il prossimo con la vostra curiosità e il vostro entusiasmo, l’amore per la ragione, l’amore per la conoscenza e per il bello.
Note
- cfr F. De Waal, Naturalmente buoni. Il bene e il male nell’uomo e in altri animali
- Questa conclusione potrebbe essere troppo semplicistica o solo parzialmente vera. Infatti, l’osservazione di comportamenti altruistici negli animali non è di per sé una prova che si tratti di comportamenti istintivi. Anche gli animali sono capaci di ragionamenti logici e deduzioni e agiscono motivati da scelte razionali. L’animale è in grado non solo di capire ed empatizzare sentimenti e affetti, gioia, afflizione e depressione, ma comprende anche il significato del dono e dello scambio. L’esito combinato di queste caratteristiche permette agli animali di pianificare scientemente meccanismi di do ut des. Ad esempio, le pinguine più birichine si prostituiscono per materiale di costruzione dei nidi quando carente, come i sassi portati dai maschi, mentre alcuni mammiferi, oltre a barattare cibo e oggetti, sembrano seguire precetti morali nel gruppo. Sono interessanti vari casi studiati approfonditamente dagli etologi, come la coalizione di scimpanzé più anziani che pesta a morte il capoclan, dopo che questi ha commesso quella che loro ritengono una immoralità verso un terzo; o il giovane impertinente che mostra il pene eretto alla moglie del capoclan, salvo girarsi per nascondere il pene ogni volta che lo scimmione capo passa di ronda a controllare.
Io ritengo che ciò che a certi animali manchi rispetto all’essere umano sia solo un pari livello di astrazione del linguaggio e quindi del pensiero: nonostante capiscano parole e concetti, non sono in grado di elaborare pensieri complessi come i nostri. Un cane intelligente probabilmente arriva a buoni livelli di astrazione come il fatto di comprendere il concetto iperuranico di “cane” come rappresentazione dell’insieme astratto di animali della sua specie, ma è improbabile, forse impossibile, che comprenda il significato di parole come “futuro” o “benessere” e, soprattutto, che riesca ad afferrare concetti relativi ad associazioni come “il benessere nel futuro”. Detto questo però, non è certo incredibile che la capacità cogitativa di un animale gli permetta di pianificare scientemente meccanismi di do ut des e renderlo conscio degli effetti delle sue azioni. - Dooku non era una mera pedina di Palpatine, ma un idealista che voleva veramente un dominio separatista contro la Repubblica ritenuta corrotta. Oltre ad affrancare quanti più sistemi possibili dalla Repubblica, l’obiettivo principale di Dooku, sin da quando scopre che ad uccidere il proprio apprendista Qui Gonn è stato l’allievo di Palpatine (Darth Maul), sarà proprio quello di uccidere Palpatine e distruggere l’Ordine Sith. Per farlo, addestra in segreto Ventres, ma scoperto da Palpatine, è costretto a tradirla. Poi tenta di reclutare Obi Wan, rivelandogli che a governare il Senato è un Lord dei Sith e che con l’aiuto di Obi Wan potranno insieme batterlo. Dooku, proprio come Anakin, non è dogmatico e sfrutta il lato chiaro e oscuro della forza in modo pragmatico, come strumenti a sua disposizione, senza fare distinzioni fra “buono” o “cattivo”.
- Per esempio l’ “apology accepted” in ep. V dopo aver strangolato (force chocked) il capitano imperiale, il “be careful not to choke on your aspirations” come minaccia in Rogue One, oppure in RotS (romanzo) quando Palpatine manda Vader dai leader separatisti, uno dice: “But Lord Sidious promised us a handsome reward!”; e Vader risponde: “I am your reward. You don’t find me handsome?” e lo trapassa. Oppure ancora, anziché catturare Han Solo, Leia e Ciube in episodio 5, organizza l’invito a cena con tavola imbandita e Boba Fett praticamente nascosto nell’armadio. Ma quanto deve aver riso nel dire a Boba Fett “ehy dai, tu nasconditi lì nell’armadio che gli facciamo la sorpresona”.
- ad es. i 500 miliardi di dollari del CARES act, per “salvare dal Covid” società come Amazon, Microsoft, Apple o Netflix. Paradossale, no?
Indice
Gesù, l’eroe sconfitto /tldr: Gesù le busca ma se ne fotte, il suo messaggio di non violenza vince lo stesso
- Il successo di Gesù fra istinti e ragione /tldr: la morale di Gesù risuona sia nei nostri istinti che nella ragione, ci rende un’umanità più bella e più forte
- La moralità come scorciatoia euristica di tipo biologico /tldr: amore e reciprocità, nel cristianesimo (come in un sistema monetario collaborativo e senza violenza) portano alle scelte giuste e al progresso
- Conquistare il mondo senza la violenza /tldr: il potere coercitivo, lo Stato, permette di accumulare ricchezze. Ma è un meccanismo violento a somma negativa, un furto. Solo lo scambio crea vera ricchezza.
- Gesù contro Cesare /tldr: Gesù si oppone a tasse e moneta imperiale che sono un sistema di impoverimento
Anakin Skywalker, l’eroe mostro /tldr: Anakin e Darth Vader, eroe o anti-eroe? Figura messianica, accennati già i primi paralleli con Gesù
- Da Anakin a Darth Vader: la storia /tldr: tutta la storia di Star Wars con parallelisimi importanti con la nostra galassia fra Palpatine e Roosevelt, Hitler e Nerone. Anakin è la figura dell’uomo schiavo del Leviatano, che fa fatica a liberarsi di tale lato oscuro fuori e dentro di sé, ricade nella fallacia dei sunk cost, è persino emotivamente legato al suo stesso sadico padrone. Ma dall’altro lato, al contrario degli “zombie” che ci circondano in questa galassia, non accetta mai la sua condizione.
- Anakin e Gesù, somiglianze e differenze /tldr: Anakin è il fallimento, ma anche la redenzione. Un protagonista che combatte sempre, con determinazione, in un mondo oppressivo e totalitario. Non accetta la sconfitta né spirituale né terrena.
Satoshi, l’eroe occulto /tldr: un eroe completamente spersonalizzato, che ci ha abbandonato, è invisibile, come un Dio, impalpabile tanto quanto Anakin o Gesù. Eppure ci ha lasciato gli strumenti per combattere
- La lotta nell’ombra, il potere distribuito /tldr: Bitcoin è come l’AK-47, nel mondo della non violenza. La risposta pacifista, economica e distribuita allo strapotere statale. Non una lotta frontale, per cui il rischio è quello di essere schiavizzati. È un approccio furbo e consapevole a una minaccia imprescindibile.
- Una nuova filosofia ed estetica /tldr: Bitcoin è filosofia morale, per certi versi simile al cristianesimo, un messaggio individualista ma di reciprocità. Ci vuole però la determinazione di trasformare il mondo hic et nunc, come voleva Anakin. Satoshi è la fusione e digi-evoluzione di entrambi i divini eroi, Gesù e Anakin.
Conclusione /tldr: abbiamo una nuova quasi-religione, ora prendetene e mangiatene tutti, rendete il mondo un posto migliore
se Bitcoin resisterà alle stronzate di sta masnada di chierichetti libertari, resisterà a qualsiasi altra cosa
Ora immagina lo stesso senso di libertà nei confronti di un sistema sanitario, appena ti accorgi, dopo un lungo periodo da vegano, che puoi fare a meno di tutti i farmaci, dei medici, degli ospedali. Senza patologie, con l’unica necessità eventuale della sola medicina d’urgenza.
ah cazzo no non lo volevo pubblicato con l’email